HIDS / MKD

Sindrome da iper IgD o Febbre ricorrente con iper-IgD o sindrome da iperimmunoglobulinemia) / ( sindrome da deficit di mevalonato chinarsi)

 

fonte: area informativa della Clinica Pediatrica – Università di Trieste – IRCCS Burlo Garofolo http://www.pediatria.univ.trieste.it/archi/fever/HIGD.htm
(pagina non più disponibile vedere la pagina nel sito dell’archivio mondiale sito web http://web.archive.org/web/20120730070456/http://www.pediatria.univ.trieste.it/archi/fever/HIGD.htm )

 

 

La sindrome da iper IgD (HIDS) è ereditata come un tratto autosomico recessivo. Il gene responsabile, è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 12 e codifica per la mevalonato-kinasi (MK), enzima chiave del metabolismo del colesterolo e degli isoprenoidi, la cui attività è ridotta o instabile nei pazienti affetti da HIDS. La mutazione V3771I (1129G>A) è presente in più dell’80% dei pazienti mentre le altre sono meno frequenti.
La frequenza della suscettibilità genetica è bassa (il rapporto tra persone con la mutazione e quelle senza è 1:350) motivo per cui raramente la malattia si osserva nei parenti o nella prole dei pazienti affetti, a meno che non sia presente consanguineità.
Riconoscere il quadro tipico I pazienti affetti da questa sindrome presentano ricorrenti attacchi febbrili (>38,5 °C) che usualmente iniziano entro il primo anno di vita, spesso in seguito al primo richiamo vaccinico. Gli attacchi si preannunciano con brivido, rapido aumento della temperatura corporea che persiste elevata per quattro – sei giorni, per poi risolversi con una graduale defervescenza e si ripresentano in modo abbastanza regolare con periodi da 2 settimane a 2 mesi.
 L’analisi molecolare del gene MVK dovrebbe essere condotta in tutti i casi di febbre ricorrente con elevati indici di flogosi, in cui esista un chiaro sospetto clinico della malattia. Purtroppo non esiste una validazione di criteri maggiori e criteri minori che permettano una definizione clinica di buona probabilità, utile a selezionare i casi da avviare all’analisi genetica.
In generale, però, possiamo dire che la presenza contemporanea di più dei seguenti elementi o la gravità di singoli sintomi devono essere pesati con l’esperienza per definire sospetto clinico:
– linfoadenopatia a carico di più distretti (non solo cervicale);
– dolori addominali importanti con vomito e/o diarrea, eventualmente con evidenza clinica di epatosplenomegalia e/o con evidenza ecografia di adenomesenterite;
– artralgia o artrite a livello delle grosse articolazioni
– rash cutaneo con macule e papule eritematose o petecchie
Tonsilliti e faringiti con aftosi orale possono far parte del quadro clinico ma la loro presenza, in comune con la sindrome PFAPA, non è molto utile né per confermare né per escludere la diagnosi anche se le afte della sindrome da Iper-IgD sono di solito più estese e dolorose (afta maior) di quelle che si osservano nelle PFAPA (afta minor).
L’esordio precoce(prima dei 6 mesi o entro l’anno) rafforza il sospetto. Il rilievo di un aumento delle IgA e IgD (IgD> 100UI/ml o 141 mg/L, indipendentemente dalla fase critica o meno) può rinforzare il sospetto diagnostico, ma la sensibilità dell’esame appare insufficiente, soprattutto nei bambini più piccoli, ed anche la specificità non è assoluta. In alcuni casi IgA e IgD sono normali, mentre si può osservare un aumento delle IgM.
Altri esami possono essere utili a definire la diagnosi (dosaggio dell’acido mevalonico urinario che risulta aumentato durante gli episodi febbrili, determinazione dell’attività dell’enzima mevalonato chinasi, che risulta fortemente ridotta), ma il loro uso è più specialistico.
Quando avviare lo studio di altre febbri:
 – Una ricorrenza familiare (oltre a quella osservabile nei fratelli del proposito) deve far pensare a diverse possibilità: HIDS con consanguineità; febbre mediterranea familiare in zona endemica; altre febbri rare a trasmissione autosomica dominante.
– La sintomatologia intestinale della HIDS può simulare un’appendicite e condurre all’intervento chirurgico. Tuttavia, se presente sierosite specie in assenza di linfoadenomegalia, e se il trattamento steroideo ha scarsa efficacia sui singoli episodi febbrili, occorre considerare anche una possibile febbre mediterranea.
– La durata degli episodi febbrili oltre la settimana, specialmente se in associazione con dolori muscolari e/o congiuntivite, deve far pensare alla febbre periodica legata al difetto del recettore del TNAalfa (TRAPS).
Terapia Non esistono linee guida per il trattamento di questa sindrome; i corticosteroidi possono avere un ruolo sintomatico e andrebbero utilizzati il minimo possibile con l’obiettivo di semplificare la gestione degli episodi febbrili. Nei casi, eccezionali, in cui la ricorrenza febbrile conduce ad amiloidosi, può essere ragionevole utilizzare la colchicina, anche se la sua efficacia sui sintomi sembra decisamente scarsa.
L’utilizzo di statine, apparentemente paradossale, è stato recentemente proposto nei pazienti adulti, con limitato beneficio. Questo trattamento dovrebbe essere utilizzato con cautela in età pediatrica, considerato che l’utilizzo di statine è in grado di scatenare un aggravamento delle crisi in soggetti con livelli più bassi dell’attività dell’enzima (soggetti con mevalonico aciduria).

Comunicazione e prognosi

I pazienti con HIDS presentano attacchi febbrili per tutta la vita, con maggior frequenza nell’infanzia e nell’adolescenza. L’amiloidosi è una complicanza in casi eccezionali e di regola gli attacchi di artrite non determinano lesioni permanenti a livello delle articolazioni. La prognosi è in sostanza buona, specialmente quando sia disponibile una diagnosi di certezza che possa evitare il ricorso a ripetute indagini invasive e tentativi terapeutici, che possono di per sé peggiorare la qualità di vita. Anche in questo caso è opportuno ricordare ai genitori che non si tratta di un difetto di risposta ai patogeni (anche se sono stati descritti isolati casi di sepsi in soggetti con HIDS). Tra gli esami utili nel follow-up possiamo considerare la ferritinemia e lo studio della amiloide sierica A (SAA) per valutare l’eventuale danno infiammatorio. Il dosaggio della procalcitonina potrà essere utile in casi particolari per identificare e seguire infezioni batteriche concomitanti con episodi febbrili.