PFAPA

La sindrome PFAPA [Periodic Fever, Aphtas, Pharyngitis and cervical Adenopathies]

fonte: area informativa della Clinica Pediatrica – Università di Trieste – IRCCS Burlo Garofolo http://www.pediatria.univ.trieste.it/archi/fever/PFAPA.htm

 

La sindrome PFAPA (Periodic Fever, Aphtas, Pharyngitis and cervical Adenopathies), descritta per la prima volta da Marshall nel 1987, è una delle cause di febbre periodica in età pediatrica. L’acronimo PFAPA è stato coniato nel 1989; non è conosciuta l’origine eziopatogenetica di questo quadro clinico. L’ipotesi più avvalorata è che la PFAPA rappresenti un disturbo minore dei meccanismi di controllo dell’infiammazione che si rende evidente, forse anche in relazione alla relativa ipertrofia del tessuto linfatico, solo nei primi anni di vita. E’ stato ipotizzato che gli episodi febbrili possano dipendere, almeno in un sottogruppo di pazienti, dalla riattivazione di una infezione virale latente da adenovirus. Una caratteristica della PFAFA è che le manifestazioni cliniche si ripresentano costanti nel tempo e con una peridocità abbastanza regolare (in questo senso è assimilabile ad altre sindromi periodiche come l’emicrania, il vomito ciclico o i dolori agli arti del bambino più grandicello). I genitori del bambino non hanno difficoltà nel distinguere l’attacco di PFAPA dall’episodio febbrile di diversa origine e spesso, similmente a quanto accade in altre sindromi periodiche, sanno riconoscere i sintomi premonitori che anticipano l’episodio febbrile.

Riconoscere il quadro tipico

La malattia si presenta in genere prima dei cinque anni e si caratterizza per una febbre elevata a insorgenza improvvisa che dura 3-6 giorni e tende a ricorrere con regolare periodicità (ogni 3- 8 settimane, tipicamente 1 mese) con periodi intercritici di completo benessere. La febbre, spesso ben sopportata, è elevata (>38?C) e si accompagna a stomatite aftosa (le afte sono di piccole dimensioni e generalmente localizzata alla gengiva labiale), linfoadenopatia laterocervicale ed arrossamento del faringe edelle tonsille. Il tutto in assenza di segni di infezione respiratoria. Non tutti i bambini manifestano una forma di PFAPA “completa”, con febbre, afte, faringite e linfoadenopatia: a parte la febbre, sempre presente, la linfoadenomegalia cervicale è il sintomo che viene riferito più frequentemente (88%), seguito dalla faringite (72%) e dalla stomatite afosa (70%). I linfonodi cervicali raramente superano i 5 cm di diametro e di solito non vi è interessamento linfonodale in altri distretti corporei. Tipicamente c’è una faringite di modica entità e non essudativa, di solito associata a tonsillite. Al di fuori degli episodi febbrili il bambino è del tutto asintomatico.
Secondo Marshall e Edwards bisogna dare importanza al quadro sintomatologico (febbre ricorrente >38°C, tonsillite e\o stomatite afosa e\o adenopatia laterocervicale) in un bambino di età inferiore ai 5 anni, in buono stato di salute nei periodi intercritici e con assenza di un interessamento dell’albero respiratorio. A queste caratteristiche potrebbe essere aggiunta anche la brillante e rapida (3-6 ore) risposta della febbre ad una unica dose di corticosteroidi (1 mg/Kg di metilprednisone) anche se questa non sempre si mantiene nei giorni successivi. Dal punto di vista laboratoristico si evidenzia solamente un rialzo degli indici di flogosi durante l’episodio febbrile che prontamente si negativizzano nei periodi intercritici. All’emocromo si rileva una leucocitosi più o meno marcata con un livello normale di emoglobina ed un’elevazione moderata della VES e della PCR.

Quando avviare lo studio di altre febbri

Nei casi tipici non riteniamo utile fare altri esami, se non una valutazione di screening sierologico per iper IgD (di semplice esecuzione anche se non in grado di identificare la totalità dei casi di sindrome da Iper IgD) prima di programmare un eventuale intervento di tonsillectomia. Viceversa, dato che altre febbri ricorrenti possono presentare nei primi anni una sintomatologia in parte sovrapponibile alla PFAPA, sarà indicato compiere ulteriori accertamenti quando, oltre ai sintomi tipici, siano presenti altri sintomi e segni ed in particolare:
– la presenza di episodi infettivi come foruncolosi, ascessi, gengiviti e polmoniti durante uno o più episodi deve far sospettare la neutropenia ciclica. Questa è una condizione autosomica dominante dovuta ad una mutazione a carico del gene ELA-2, che codifica per l’elastasi dei neutrofili. La diagnosi viene posta ripetendo la conta dei leucociti 2-3 volte a settimana per 6 settimane, periodo durante il quale il bambino deve avere un episodio febbrile se una conta dei neutrofili assoluti è <500 e si ha poi un valore normale nel controllo successivo, in assenza di trattamento terapeutico. Questo sospetto sarà molto più improbabile se la conta dei neutrofili in febbre è molto elevata dato che nella neutropenia ciclica non si raggiungono mai valori molto elevati;
– la presenza di una importante sintomatologia addominale (dolore, diarrea, vomito), di linfoadenite generalizzata (spesso anche a carico dei linfonodi mesenterici), di artralgie e di rash cutaneo deve far porre il sospetto di sindrome da iper-IgD e indica l’esecuzione dell’analisi genetica del gene MVK;
– una sindrome da iper-IgD dovrebbe essere presa in considerazione anche nei casi di PFAPA con esordio molto precoce, nei primi sei mesi di vita;
– la mancata risposta alla tonsillectomia è un’indicazione al sospetto di sindrome da iper-IgD, anche in assenza di incremento di questa classe di anticorpi;
– la presenza di sierosite e/o la non risposta al trattamento steroideo in soggetti di origine mediterranea, deve far porre il sospetto di febbre mediterranea familiare.

Terapia PFAPA

Gli antibiotici non hanno alcun ruolo nel trattamento della PFAPA e devono essere utilizzati solo in presenza di una obiettività che suggerisca una infezione batterica. I FANS hanno un limitato ruolo sintomatico (una apprezzabile risposta viene riferita nella maggior parte dei casi all’ibuprofene, mentre l’aspirina risulta per lo più inefficace). I corticosteroidi sono efficaci nella grande maggioranza dei casi, con il vantaggio di ottenere già a bassi dosaggi (1 mg/kg die di metiprednisone o steroide equivalente per 1-2 giornate) una risposta non solo sulla febbre ma anche sul benessere globale e sull’appetito del bambino. A questi dosaggi gli effetti collaterali metabolici dei corticosteroidi sono trascurabili, ma in alcuni bambini si osserva un aumento della irritabilità. Data la natura del tutto benigna della PFAPA, l’utilizzo di qualsiasi terapia va però valutatto attentamente bilanciando caso per caso i costi e i benefici. Nei pazienti in cui gli episodi si protraggono nel tempo con difficile gestione familiare e con compromissione della qualità di vita si può proporre la tonsillectomia, anche se, data l’assenza di studi randomizzati controllati, il Piano Nazionale delle Linee Guida del Ministero della Salute non riconosce per ora questa indicazione.

Comunicazione e prognosi

La PFAPA è un problema transitorio ad evoluzione spontanea verso la guarigione senza esiti nell’arco di pochi anni. Il problemi della malattia riguardano sostanzialmente il mantenimento del benessere del bambino durante le crisi e la gestione familiare e sociale della ricorrenza febbrile. Gli episodi febbrili persistono per diversi anni senza modificazioni nella sintomatologia né nella periodicità. La tonsillectomia, che può essere presa in considerazione proprio quando questa gestione risulta difficoltosa, è efficace nell’interrompere o ridurre drasticamente la ricorrenza febbrile nella grande maggioranza dei casi ( nella esperienza nostra e di altri autori è risultata efficace circa nell’80%). Ai genitori dovrebbero essere comunicati:
– la diagnosi è una diagnosi di esperienza e di probabilità che può raramente essere messa in discussione nel tempo;
– la buona prognosi (non ci saranno conseguenze sulla crescita e la malattia non rappresenta l’inizio di unammalattia infiammatoria cronica);
– l’adeguatezza delle difese immuni contro i comuni patogeni (non siamo di fronte ad una immunodeficienza);
– la non contagiosità della malattia;
– il senso di un trattamento sintomatico e non curativo e una analisi semplice del rapporto tra costi e benefici delle terapie.